Oltre 13.550 tra medici, infermieri e fisioterapisti hanno chiesto informazioni per lasciare l'Italia dal 2023 a oggi. Più del doppio rispetto agli anni precedenti: i dati Amsi.
"Oltre 13.550 tra medici, infermieri e fisioterapisti ci hanno chiesto informazioni per lasciare l'Italia dal 2023 a oggi". Più del doppio rispetto agli anni precedenti. E, in maggioranza, "si tratta di camici bianchi". A evidenziarlo in una nota Foad Aodi, presidente dell'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), dell'Unione medica euromediterranea (Umem) e del Movimento internazionale uniti per unire.
"I risultati del Programma azionale esiti (Pne) 2023 - evidenzia Aodi - indicano che, pur avendo recuperato i numeri pre-Covid, il sistema sanitario di casa nostra soffre di gravi disparità territoriali e carenze che colpiscono soprattutto i cittadini più vulnerabili. Questi dati richiamano l'urgenza di agire su due fronti chiave: la valorizzazione economica dei professionisti della sanità e la battaglia contro la discriminazione. Solo rafforzando questi pilastri potremo dare alla sanità pubblica italiana la stabilità necessaria e fermare l'esodo crescente dei professionisti all'estero, un fenomeno che si traduce in una preoccupante perdita di competenze ed esperienze fondamentali".
Secondo i dati Amsi, ribadisce Aodi, tra il primo gennaio 2023 e l'ottobre 2024, oltre 13.550 professionisti della sanità hanno formalmente richiesto informazioni su come trasferirsi all'estero. Tra questi, il 54% sono medici, il 31% infermieri e il 10% fisioterapisti, con una crescita significativa rispetto ai periodi precedenti con una percentuale del 33% nel 2024 rispetto al 2023 e del 52% nel 2023 rispetto il periodo 2019-2022: "Nel biennio 2021-2022, avevamo ricevuto circa 4.700 richieste, un numero che in 20 mesi è più che raddoppiato," sottolinea Aodi. "È un dato preoccupante, che riflette la disillusione e la frustrazione di chi lavora quotidianamente nel nostro sistema sanitario, spesso senza tutele adeguate e con prospettive di carriera sempre più esigue".
Amsi evidenzia che la 'fuga dei camici' coinvolge prevalentemente giovani professionisti, molti dei quali all'inizio della carriera, ma già insoddisfatti del contesto lavorativo e sociale in cui si trovano. Oltre l'82% di coloro che richiedono informazioni per l'estero lavora nel settore pubblico, con il maggior numero di richieste provenienti da reparti di emergenza-urgenza, anestesia, neurochirurgia, ortopedia e pediatria. Le regioni più colpite sono il Lazio, il Veneto, la Lombardia, la Toscana, la Sicilia, la Sardegna e la Campania. "La crescente domanda di opportunità all'estero si dirige quasi esclusivamente verso i Paesi del Golfo, dove i salari superano spesso del doppio quelli italiani," aggiunge Aodi. "Alcuni Paesi europei, poi, offrono condizioni economiche e di carriera che il nostro sistema fatica a competere".
Per quanto riguarda il caso dei 10mila infermieri indiani in arrivo, il parere dell'Amsi è più che favorevole. "Ben vengano soluzioni del genere per i professionisti della sanità," afferma Aodi, riconoscendo l'impegno del ministro della Salute Orazio Schillaci, che con queste iniziative cerca di dare risposte immediate all'aumento delle richieste. Negli ultimi 5 anni, infatti, le domande e richieste all'Amsi di medici, infermieri e fisioterapisti di origine straniera sono cresciute del 43% da tutte le regioni, sia dal pubblico che dal privato, superando più di 13.100 richieste. Aodi invita alla cautela verso dichiarazioni critiche su queste misure: "Non si tratta di tappabuchi, ma di veri e propri provvedimenti per salvare le strutture sanitarie. Oggi, infatti, emergono dichiarazioni poco comprensibili verso i professionisti della sanità di origine straniera, che vengono in Italia a supportare il sistema".
"Sorge una domanda: quale accoglienza ricevono i professionisti sanitari italiani quando si recano all'estero?
E quale trattamento ricevono quelli di origine straniera in Europa che sono più di 625 solo i medici?", di chiede Aodi che richiama a una politica equilibrata: "Da un lato, è fondamentale integrare tutti i professionisti della sanità italiani e di origine straniera presenti in Italia senza esclusioni, stimolare il ritorno in patria dei professionisti della sanità italiani che esercitano o fuggiti all'estero; dall'altro occorre programmare nuovi ingressi in base al fabbisogno del mondo del lavoro, per rispondere alle attuali carenze, garantendo ovviamente titoli, competenza e preparazione professionale e conoscenza della lingua italiana come ci chiedono numerosi paesi europei da anni".
REDAZIONE AISI
Comments