Scoliosi nell’adulto, le nuove frontiere dalla diagnosi alla chirurgia mini-invasiva
- AISI
- 3 mag
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La scoliosi dell’adulto interessa una fetta rilevante della popolazione, con un’incidenza che varia tra il 2 e il 12%. Diversamente dalle scoliosi idiopatiche dell’età evolutiva, queste forme si manifestano solitamente dopo i 50-60 anni e tendono a peggiorare con il tempo.

Le cause possono essere riconducibili a forme idiopatiche, cioè iniziate in età adolescenziale e peggiorate in età adulta, oppure a scoliosi degenerative, che si sviluppano ex novo con l’invecchiamento della colonna vertebrale. Le conseguenze includono mal di schiena persistente, dolori neurologici, sciatalgie e perfino alterazioni motorie importanti.
Le conseguenze sulla qualità della vita
La scoliosi dell’adulto è una deformità complessa, che coinvolge i tre piani dello spazio della colonna vertebrale. I pazienti tendono a inclinarsi in avanti o lateralmente, perdendo equilibrio e assumendo posture scorrette che possono arrivare a compromettere la deambulazione. La patologia ha un impatto maggiore in chi svolge lavori fisicamente pesanti. Il continuo sollevamento di carichi, infatti, accelera la degenerazione dei dischi intervertebrali, riducendo la lordosi lombare e alterando l’assetto della colonna. Questo influisce anche su anche e ginocchia, portando a compensazioni posturali e difficoltà nei movimenti quotidiani.
Diagnosi e gravità della deformità
La diagnosi si basa su una visita specialistica accompagnata da una radiografia del rachide in ortostatismo, che permette di osservare l’intera colonna dalla testa al bacino. La gravità viene misurata utilizzando l’angolo di Cobb: in una colonna sana, l’angolo è pari a zero; quando supera i 20-30 gradi, la scoliosi può provocare sintomi invalidanti. A seconda della curvatura e della presenza di segni neurologici, lo specialista può valutare il trattamento più adeguato.
Approccio conservativo nella fase iniziale
Nel trattamento delle scoliosi dell’adulto si parte quasi sempre da un approccio conservativo. Se non sono presenti sintomi neurologici gravi, la terapia prevede un programma fisioterapico mirato, talvolta integrato da terapia del dolore. Viene generalmente sconsigliato l’uso del busto ortopedico, per evitare un ulteriore indebolimento della muscolatura. L’obiettivo è preservare la funzionalità e contenere la progressione della deformità. Nei casi più semplici, un corretto piano riabilitativo può migliorare significativamente la qualità della vita.
Quando serve l’intervento chirurgico
Quando il dolore diventa cronico e si associano disturbi neurologici importanti come sciatalgie o perdita di forza agli arti inferiori, si valuta l’opzione chirurgica. L’intervento ha tre obiettivi principali: correggere la deformità, decomprimere le strutture nervose eventualmente schiacciate e stabilizzare la colonna attraverso l’artrodesi. Nei casi più gravi, la fusione ossea può interessare l’intera colonna dorsale e lombare fino al bacino, utilizzando viti peduncolari e barre in titanio per garantire il riallineamento vertebrale e la tenuta strutturale.
Tecniche mini-invasive e tecnologie avanzate
Negli ultimi anni si sono affermati interventi chirurgici mini-invasivi, particolarmente indicati per scoliosi di grado lieve o moderato. Questi interventi prevedono piccoli accessi laterali attraverso i quali vengono inseriti dispositivi in titanio (cage) nei dischi intervertebrali, seguiti da una stabilizzazione posteriore percutanea. Il risultato è una chirurgia meno traumatica, con tempi operatori contenuti e una degenza più breve: molti pazienti iniziano a camminare già entro il secondo giorno dopo l’intervento.
Una delle innovazioni più rilevanti è rappresentata dall’uso dei navigatori 3D. Questi sistemi di guida consentono di inserire con estrema precisione le viti peduncolari anche in colonne vertebrali deformate e ruotate, dove la geometria ossea è complessa e difficile da interpretare. Il chirurgo, grazie alla ricostruzione tridimensionale, può seguire una traiettoria sicura, utilizzando la vite stessa come leva per correggere la rotazione della vertebra prima di bloccarla con la barra in titanio.
Preparazione e selezione: elementi chiave per il successo
L’intervento di correzione della scoliosi nell’adulto è tra i più complessi in ambito vertebrale e richiede un’attenta selezione del paziente. Non tutti sono candidati all’intervento: è fondamentale valutare lo stato della muscolatura, la densità ossea e la capacità del paziente di affrontare il recupero post-operatorio. Il processo di preparazione può durare mesi e prevede protocolli dedicati come l’approccio Eras (Enhanced Recovery After Surgery), che include il trattamento dell’osteoporosi, l’ottimizzazione nutrizionale e il rinforzo muscolare pre-chirurgico.
L’equilibrio tra innovazione e prudenza
L’evoluzione tecnologica ha ridotto drasticamente il rischio di complicanze post-operatorie e reso più accessibili interventi un tempo molto invasivi. Tuttavia, resta essenziale porre indicazioni chirurgiche con cautela e solo dopo un percorso diagnostico e terapeutico completo. La chirurgia vertebrale non è una scorciatoia, ma uno strumento da usare quando il trattamento conservativo non è più sufficiente a garantire una qualità di vita accettabile.
Conclusione: un approccio integrato per una patologia complessa
Affrontare la scoliosi dell’adulto richiede un approccio multidisciplinare che combina ortopedia, fisioterapia, terapia del dolore e, quando necessario, chirurgia avanzata. L’obiettivo non è solo quello di correggere una deformità, ma restituire equilibrio, mobilità e autonomia a chi vede la propria quotidianità limitata da una colonna che non sostiene più il corpo. Con le giuste valutazioni e un trattamento personalizzato, anche i pazienti più complessi possono oggi beneficiare di risultati un tempo impensabili.
REDAZIONE AISI