Pronto soccorso e 118, sistema al collasso: servono soluzioni radicali
- AISI
- 9 giu
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Il sistema dell’emergenza-urgenza è in affanno. Medici insufficienti, carichi di lavoro ingestibili, ospedali sottodimensionati: il grido d’allarme arriva direttamente da chi lavora ogni giorno nei pronto soccorso e nei servizi territoriali, stretto tra carenze strutturali e una domanda di salute sempre più complessa.

Una crisi strutturale che parte da lontano
Negli ultimi anni, oltre il 70% dei posti nelle scuole di specializzazione in medicina d’urgenza resta scoperto. Chi sceglie questo percorso spesso abbandona. Non bastano gli incentivi economici: ciò che manca è un’organizzazione sostenibile. I professionisti si ritrovano soli in turno, chiamati a gestire anche 150-180 pazienti, senza filtro, senza supporto, senza reale riconoscimento. È un modello logorante, che alimenta fuga e burnout.
Ospedali piccoli, grandi problemi
Un altro punto critico riguarda i piccoli presidi ospedalieri. Sebbene politicamente sia difficile metterne in discussione l’esistenza, in molti casi rappresentano un rischio per la sicurezza. Personale insufficiente, risorse limitate, ritardi nell’intervento: le maggiori criticità emergono proprio dove la rete è più debole. Per evitare il collasso servono scelte nette, anche impopolari.
Meno posti letto, più pressione sul sistema
Negli ultimi anni si sono persi oltre 37.000 posti letto a livello nazionale. Un impoverimento strutturale che ha conseguenze gravi: sovraffollamento dei pronto soccorso, allungamento dei tempi di attesa, difficoltà nel ricovero. Tutto ciò genera frustrazione tra gli operatori e aumenta il rischio clinico per i pazienti. La rete dell’emergenza non può reggere da sola l’intero peso di un sistema che si è ristretto ovunque.
Ripensare la rete, dal territorio agli ospedali
L’unica via di uscita reale è un ridisegno della rete. Serve un’integrazione vera tra territorio e ospedale, investendo su strutture intermedie come le case della salute, gli ospedali di comunità e le centrali operative territoriali. È necessario un fondo unico, capace di garantire continuità assistenziale e maggiore vicinanza al cittadino, anche fuori dall’ospedale.
Riforma o rattoppo? È il momento delle scelte vere
La tentazione di intervenire con piccoli correttivi è forte, ma insufficiente. Serve una riforma strutturale, che metta in discussione l’attuale modello di lavoro, i carichi, l’organizzazione dei turni e la gestione delle urgenze. Il tempo delle soluzioni tampone è finito. Se si vuole salvare l’emergenza-urgenza, bisogna intervenire ora, con coraggio e visione.
REDAZIONE AISI