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Immagine del redattoreAISI

Rapporto Crea/ Italia divisa in due sulle performance sociosanitarie delle Regioni. Primo il Veneto, ultima la Calabria.

Il 55% degli italiani vive in Regioni con risultati soddisfacenti per la tutela della salute, mentre per il 45% le cose non vanno del tutto bene.



Questo il primo risultato che emerge dall’analisi delle opportunità di tutela della salute nelle Regioni, condotta dai 104 esperti raggruppati dal Crea Sanità, Centro per la ricerca economica applicata in sanità (per il quale operano ricercatori e docenti universitari nei campi dell’economia, del diritto, dell’epidemiologia, dell’ingegneria biomedica, della statistica medica) in un Panel multistakeholder diviso in cinque gruppi: istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti, industria medicale.


Nel dettaglio l’analisi regionale mostra un territorio italiano così suddiviso: Veneto, Piemonte, Bolzano e Toscana (oltre 13,3 milioni di abitanti) promosse con livelli complessivi di tutela della salute migliori dalle altre e con un indice di performance che supera il 50% del livello massimo (rispettivamente 60%, 55%, 54% e 53%). Friuli-Venezia Giulia, Trento, Emilia-Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Lombardia (19,3 milioni di abitanti) promosse, ma con la “sufficienza” che configura livelli di performance tra 45 e per 50 per cento. “Rimandate” con livelli tra il 37% e il 44% Sardegna, Campania, Lazio, Umbria, Abruzzo e Puglia (circa 18,9 milioni di abitanti).


Fortemente insufficienti (livello di performance inferiore al 35%) Sicilia, Molise, Basilicata e Calabria (circa 7,5 milioni di abitanti).Inoltre, in questa annualità, gli esperti hanno ideato un sistema di monitoraggio ‘dinamico’ degli effetti dell’autonomia differenziata in Sanità, basandosi su un sottogruppo di indicatori di Performance selezionati dal Panel nel Rapporto Crea Sanità 2024 “Opportunità di tutela della Salute: le Performance Regionali”, presentato oggi a Roma.


Gli indici dell’analisi e il loro peso

L’analisi - che non si limita alla valutazione degli aspetti sanitari ed economici, ma analizza anche quelli sociali e di equità dell’assistenza - è stata condotta in base a 20 indicatori articolati su cinque dimensioni: equità, appropriatezza, esiti, innovazione, economico-finanziaria e sociale, e il risultato dà la misura reale dell’efficacia dell’organizzazione e degli esiti dell’assistenza sociosanitaria, e permetterà anche di monitorare gli effetti dell’applicazione dell’autonomia differenziata dal Nord al Sud del Paese.


Le dimensioni Appropriatezza, Esiti e Sociale contribuiscano per oltre il 60% alla Performance: rispettivamente per il 26,6%, 23,9% e 16,2%; segue la dimensione Innovazione (11,4%), mentre Equità e Dimensione Economico-finanziaria, contribuiscono rispettivamente per l’11,2% e il 10,7 per cento.Gli Esiti e l’Appropriatezza (quest’ultima con l’eccezione dei rappresentanti delle Istituzioni) sono nelle prime tre posizioni per tutte le categorie di stakeholder; la dimensione Sociale anche, ma con l’eccezione dei rappresentanti del Management aziendale.


La dimensione Equità è in quarta posizione per tutte le categorie di stakeholder e l’Economico-finanziaria è tra le ultime due per tutte le categorie, a eccezione del Management aziendale, per il quale è al secondo posto dopo l’Appropriatezza.


I miglioramenti negli ultimi cinque anni.

Poiché la Performance ha una natura dinamica, quest’anno il rapporto offre anche una novità: la dinamica nel medio periodo delle opportunità di tutela della salute nelle Regioni: negli ultimi cinque anni si è registrato un miglioramento del 46% della Performance, che ha interessato tutte le ripartizioni geografiche e, in maggior misura le Regioni del Mezzogiorno (+75,9% in media), poi quelle del Nord-Est (+44,9%), quelle del Nord-Ovest (+40,9%) e del Centro (+37,4%).


Questo anche se il Sud è ancora indietro in termini di livello di Performance e i suoi indici, anche se in forte miglioramento rispetto alle altre aree geografiche, sono ancora bassi. Negli ultimi anni quindi, si è realizzata secondo il Crea Sanità, una riduzione delle distanze in termini di opportunità di tutela della salute tra Meridione e Settentrione.


Questo anche perché, nonostante i margini di azioni ci siano (per raggiungere il 100% del valore dell’indice di performance), “non sembra – si legge nel rapporto - che le Regioni con Performance migliori riescano a registrare significativi passi avanti: probabilmente a indicare l’esistenza di limiti strutturali nell’attuale assetto del sistema sanitario”.


Autonomia differenziata: quattro gruppi di Regioni a confronto

Per quanto riguarda l’autonomia differenziata, il Crea ha messo a punto la metodologia per monitorarne gli effetti, e darà i primi risultati non appena verrà concessa a una o più Regioni. Nella prima fase di implementazione, sono state calcolate e poi comparate, per il periodo 2017- 2022, le dinamiche su dieci indicatori scelti dal Panel di esperti in gruppi di Regioni: il gruppo delle Province/Regioni Autonome o a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige con Trento e Bolzano) raffrontato con il gruppo di quelle in Piano di rientro (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia) sempre verso le altre e quello delle Regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata nel 2017 (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), ancora una volta verso le altre. I risultati sono stati aggregati in aree “cumulate” di miglioramento e peggioramento, ponderate con i pesi attribuiti agli indicatori dal Panel di esperti, e sono stati sintetizzati, per ogni gruppo di Regioni proposte per il confronto, in un indice numerico: l’“Indice Sintetico Ponderato” (ISP), misura del rapporto tra le aree di peggioramento e di miglioramento nel periodo considerato. Il valore “0” indica una complessiva compensazione fra i miglioramenti e i peggioramenti regionali, il valore “1” un miglioramento per tutte le Regioni del gruppo e “-1” un loro peggioramento.


Nel primo confronto, per le Province/Regioni Autonome o a Statuto Speciale l’ISP è di 0,38 e 0,40 per le altre. Quindi, nel periodo 2017- 2022 la dinamica nelle Province/Regioni Autonome o a Statuto Speciale è stata (leggermente) peggiore che nel gruppo delle altre.Nel secondo confronto, le Regioni in Piano di rientro registrano un ISP pari a 0,44, verso lo 0,37 delle altre: le Regioni in Piano di Rientro sono andate meglio delle altre.Infine, nel terzo confronto, le Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata registrano un ISP pari a 0,36 verso lo 0,40 delle altre.


REDAZIONE AISI

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