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Quota 100: la fuga dei medici è servita

Le nuove pensioni flessibili tramite quota 100 rischiano di avviare un vero e proprio esodo all’interno del settore sanitario. Non ne abbiamo certo bisogno.

Il timore per la carenza di personale sanitario non nasce oggi ma con il varo della così detta quota 100, il servizio sanitario nazionale rischia davvero di precipitare nel baratro: saranno oltre 25.000 camici bianchi in uscita nel giro di meno di un anno e non ci sarà la possibilità di sostituirli.


Ma cos’è la quota 100? 

È un nuovo criterio di pensionamento con cui si potrà andare in pensione a 62 anni con 38 di contributi. Attualmente l’età media per lasciare il lavoro è 65 anni.

Con la riforma però il diritto alla pensione scatterà contemporaneamente per 4 scaglioni.


E visto il disagio vissuto quotidianamente nelle strutture ospedaliere, non c’è da dubitare che la fuga di più di 25mila tra medici e dirigenti sanitari metterà a dura prova il nostro Paese: pronto soccorso intasati, liste d’attesa, corsie d’ospedale vuote e camici bianchi stressati sono esperienza quotidiana.

Oltretutto il gap tra medici in entrata e medici in uscita è destinato ad ampliarsi


Italia 2025

Pronto soccorso, anno 2025. Presto, il dottore! Di dottore ce n’è uno solo, più presto non si può. Una scena così sarà la regola e non l’eccezione.

Nel 2025, in base all’età media dei medici attualmente in servizio, si può ipotizzare l’uscita dal mondo lavorativo di circa 45mila medici. Si tratta di specialisti e dunque dovranno esser sostituiti da personale con adeguata preparazione che al momento non c’è. La difficoltà, insistono i medici, non sarà solo quella di portare un congruo numero di giovani alla laurea, ma anche quello di programmare il giusto numero di specialisti necessari alla sanità ospedaliera italiana.


La situazione attuale

Oggi mancano all’appello circa 10mila medici specialisti. Se non si corre ai ripari, almeno 16.500 professionisti potrebbero sparire da settori-chiave: si stimano gap di 4.180 medici d’urgenza, 3.323 pediatri, 1.828 internisti, 1.395 anestesisti e 1.278 chirurghi. Solo per citare le carenze maggiori. 

Idem per gli infermieri: con l’attuazione della quota 100, per il pensionamento 2019 si rischia di portare i buchi d’organico dagli attuali 53mila a oltre 90mila. Carenze strutturali e di know-how, che si riverberano sull’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e sull’accesso alle cure.

Stesso discorso per i medici di famiglia. Saranno 15mila i medici di famiglia che andranno in pensione nei prossimi 5 anni, numero che potrebbe salire a 20mila e quindi 20 milioni di italiani resterebbero senza medico famiglia.

Dunque i medici chiedono al governo di spiegare come intende affrontare il fenomeno descritto: sia ai colleghi che rimarranno al lavoro in condizioni organizzative sempre più precarie, sia ai cittadini che hanno diritto a cure tempestive, di qualità e sicure. 

 

Assunzioni? Porte chiuse

Negli anni il numero di borse di specialità è cresciuto, ma non abbastanza per risolvere il gap. Anche l’incremento di 900 contratti dal 2019, previsto nella legge di Bilancio, è insufficiente per ridurre il deficit di specialisti nell’immediato futuro.Il dossier specializzandi è presente nel Contratto di governo, secondo cui i posti per la formazione specialistica dei medici dovrebbero essere determinati dalle reali necessità assistenziali, tenendo conto anche dei pensionamenti, assicurando un’armonizzazione tra posti nei corsi di laurea e posti nel corso di specializzazione.Peccato che il via libera alle assunzioni sia saltato anche nell’ultimo traghetto utile. La partita è tutta da giocare nel nuovo Patto per la salute, ma siamo appena all’avvio dei tavoli.


REDAZIONE AISI

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