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Personale medico esterno, il Giudice del Lavoro dichiara legittimo contributo Enpam del 4%.



In un frangente così delicato per il sistema sanitario italiano, non è certo una novità quella di ritrovarsi di fronte ad annose diatribe che, dalle corsie degli ospedali o dai reparti delle strutture sanitarie private, conducono in men che non si dica alle aule dei Tribunali.

Molto spesso si tratta di questioni che riguardano il lavoro di tutti i giorni dei professionisti, gioco forza, nel bene o nel male, sempre sotto i riflettori viste le elevate responsabilità che sono chiamati a svolgere.

Tutto questo non dovrebbe accadere con eccessiva frequenza, laddove, alla luce della crisi attuale, priorità di tutte le parti in causa, nel rispetto dei singoli ruoli e delle rispettive competenze, deve essere la qualità della tutela della salute della collettività.

Tuttavia, di fronte al caso di legittimi diritti violati, giudicato tale dagli organi competenti, il ricorso alla giustizia appare inevitabile.

E' questo il caso del contributo previdenziale del 4 per cento a carico degli specialisti esterni, giudicato pienamente legittimo, tant'è che le società accreditate con il Servizio sanitario nazionale hanno l’obbligo di versarlo all’Enpam.

Siamo davanti ad una complessa sentenza di 34 pagine, emessa dal Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro, che ha respinto tutti i motivi di ricorso con i quali una struttura sanitaria privata accreditata con il Ssn aveva tentato di opporsi al nuovo contributo. La terza sezione lavoro della Capitale ha riconosciuto che l’ente previdenziale dei medici e degli odontoiatri ha il potere “di stabilire e imporre contributi nonché le modalità della relativa riscossione”.

In particolare, la sentenza ha riconosciuto legittima la soluzione prescelta dall’Enpam, e cioè che il contributo – pur essendo a carico dei medici specialisti esterni – venga prelevato dai compensi come “ritenuta alla fonte” e successivamente versato all’ente a cura del committente.

Il tribunale ha inoltre riconosciuto che il nuovo meccanismo contributivo è funzionale a garantire l’equilibrio finanziario di lungo termine della gestione previdenziale degli specialisti esterni.

Il giudice si è pronunciato anche su alcuni motivi di dubbia ammissibilità e li ha comunque respinti come infondati. La società aveva tentato di sostenere che la pretesa dell’Enpam violasse il principio della capacità contributiva dei medici, creasse disparità di trattamento e provocasse un’irragionevole erosione del reddito degli iscritti.

Il tribunale invece ha appurato che a fronte del nuovo 4 per cento, i medici possono chiedere il dimezzamento dei contributi sulla libera professione, ottenendo quindi una sostanziale invarianza del carico contributivo complessivo. Inoltre, ha preso atto che l’ente previdenziale, con una delibera successiva, ha introdotto un tetto alla contribuzione, ma – si legge nella sentenza 6501/2024 – “neppure l’originaria modalità di calcolo poteva ritenersi irragionevole”.

Infatti, il giudice ha osservato che “i contributi previdenziali alimentano la posizione contributiva dell’iscritto e che la prestazione pensionistica viene calcolata sulla base dell’entità dei contributi versati. Di conseguenza, a maggiori contributi corrisponde una pensione di maggior importo, e dunque un vantaggio per l’iscritto”.

La società ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese di giudizio e a risarcire l’Enpam per le sue spese legali.


REDAZIONE AISI NEWS

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