Il nuovo nomenclatore tariffario del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), finalmente entrato in vigore dopo un’attesa durata oltre venti anni, ha sollevato numerose polemiche e criticità, che ne mettono in discussione la piena applicazione.

Seppur ben accolto come un passo necessario per aggiornare le prestazioni sanitarie, la sua implementazione si trova a dover affrontare sfide inaspettate, a dimostrazione della complessità del processo di riforma.
Nonostante il ritardo nell’adeguamento delle tariffe – ferme dal 1999 per la specialistica ambulatoriale e dal 1996 per la protesica – l’aggiornamento rappresenta un passo positivo. Tuttavia, la rapida evoluzione tecnologica e i cambiamenti nei bisogni dei pazienti rendono obsoleti molti degli standard adottati nel 2017, anno di definizione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).
Una questione che complica ulteriormente la situazione è la valutazione legale in corso da parte del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio. A fine mese, è atteso il pronunciamento su una possibile sospensione del nuovo nomenclatore, richiesta da alcuni esponenti del settore privato, che contestano le modifiche introdotte.
Tuttavia, questa pausa di riflessione offre anche l’opportunità di analizzare gli effetti che le nuove tariffe stanno già avendo a livello regionale, molti dei quali erano stati già previsti e segnalati da esperti del settore. Tra le criticità più evidenti, emergono difficoltà organizzative e problematiche nei sistemi sanitari regionali, che necessitano di una ristrutturazione per allineare le prestazioni ai compiti e alle responsabilità professionali dei medici e degli altri professionisti sanitari.
In particolare, sebbene si auspichi una rapida risoluzione della questione delle tariffe, il dibattito non può limitarsi a questo aspetto. È necessario interrogarsi anche sul modello concettuale che guida il nomenclatore, ancora troppo legato a una visione antiquata delle professioni sanitarie, specialmente in ambito riabilitativo. Ad esempio, il fisioterapista viene ancora visto come un semplice esecutore di prestazioni, una visione che non rispetta la sua autonomia professionale sancita dalla normativa vigente.
La vera sfida per il SSN è quella di allinearsi alle reali necessità dei cittadini, aggiornando i LEA con frequenza biennale o triennale in base ai progressi scientifici e tecnologici. È fondamentale anche una revisione del nomenclatore per garantire la coerenza tra le prestazioni sanitarie, l’autonomia professionale e le responsabilità giuridiche. Mantenere un sistema che obbliga i pazienti a seguire percorsi sanitari non sempre adeguati e che spesso li costringe a ricorrere a soluzioni private significa aggravare le liste d’attesa e alimentare la cronicità invece di prevenirla.
Per migliorare l’efficienza del sistema sanitario, è indispensabile creare un nomenclatore che risponda realmente alle esigenze di salute della popolazione, riducendo le liste d’attesa e migliorando l’appropriatezza delle cure. Solo così sarà possibile offrire risposte tempestive, migliorare la qualità del servizio e gestire efficacemente le cronicità. Senza un aggiornamento sostanziale e strutturale, il sistema rischia di perpetuare inefficienze a danno sia dei cittadini che dei professionisti sanitari.
In conclusione, il nuovo nomenclatore tariffario non deve essere solo un aggiornamento tecnico, ma deve rappresentare una vera opportunità di rinnovamento per il SSN. Questo richiede una visione moderna, coraggiosa e una governance in grado di realizzare un cambiamento reale, orientato verso la sostenibilità e la soddisfazione dei bisogni di salute della collettività.
REDAZIONE AISI
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