Non un problema lontano, ma una realtà che riguarda anche il nostro Paese. La scarsa preparazione degli operatori sanitari ostacola prevenzione e assistenza.

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) colpiscono oltre 200 milioni di donne nel mondo, e in Italia si stima che siano almeno 80mila, tra cui 7mila minorenni. Nonostante ciò, la maggior parte del personale sanitario ritiene di non avere una preparazione adeguata per affrontare questo fenomeno, spesso legato a credenze errate e radicate nel tempo. Uno studio recente, presentato durante un incontro organizzato da esperti del settore, ha evidenziato gravi lacune nella formazione e nella capacità di individuare i casi.
Mutilazioni genitali femminili: un problema invisibile ma diffuso
Questa pratica, che viola i diritti umani e mette a rischio la salute fisica e psicologica delle vittime, è spesso difficile da individuare, poiché molte donne rimangono invisibili nella loro sofferenza. Secondo gli esperti, servono azioni concrete per migliorare la formazione medica, sensibilizzare l’opinione pubblica e garantire una rete di supporto capillare sul territorio nazionale.
Un recente studio, condotto da istituti di ricerca specializzati e pubblicato su una rivista internazionale, ha coinvolto oltre 300 medici tra ginecologi, ostetriche e pediatri. I risultati sono allarmanti:
Oltre il 60% degli operatori sanitari dichiara di non avere una preparazione adeguata sul tema delle MGF;
Circa il 70% non sa indirizzare le pazienti verso strutture specializzate;
Più della metà degli intervistati ritiene, erroneamente, che le mutilazioni abbiano motivazioni religiose, quando in realtà nessuna fede prescrive questa pratica.
Le forme più diffuse e il ruolo della formazione medica
Secondo il personale sanitario coinvolto nell’indagine, la lesione clitoridea è la forma più frequente di mutilazione osservata, mentre il momento del parto è spesso quello in cui viene accertata l’infibulazione completa. Questa pratica può causare gravi conseguenze, tra cui complicanze ostetriche, infezioni croniche e danni psicologici permanenti.
Di fronte a questa emergenza, sono previsti percorsi di formazione mirati, destinati agli operatori sanitari, con l’obiettivo di riconoscere i segni delle mutilazioni e indirizzare le pazienti verso centri specializzati.
I falsi miti sulle MGF: perché è necessario combattere la disinformazione
Esistono numerosi luoghi comuni da sfatare su questa pratica, spesso basati su informazioni errate:
Non è una pratica religiosa: nessuna confessione, né islamica né cristiana, la prevede.
Non riguarda solo l’Africa: le MGF si verificano in diversi contesti culturali e sociali.
Non esistono forme “meno gravi”: tutte le mutilazioni hanno conseguenze sanitarie e psicologiche significative.
Non sono limitate a contesti rurali o a persone scarsamente istruite: il fenomeno interessa ambienti differenti, anche in società sviluppate.
Le mutilazioni genitali femminili sono una forma di violenza di genere che richiede un impegno immediato da parte delle istituzioni. La formazione del personale sanitario e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sono strumenti essenziali per contrastare questa pratica e garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle donne e delle bambine.
REDAZIONE AISI
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