Gli infermieri italiani continuano a essere tra i meno remunerati in Europa, con una differenza del 20% rispetto alla media europea. Lo evidenzia l’ultimo rapporto Health at a Glance Europe 2024, che analizza le retribuzioni del personale sanitario in relazione al costo della vita.
Secondo i dati, mentre la media europea si attesta a circa 39,8 mila euro lordi annui, gli infermieri italiani percepiscono in media 32,6 mila euro. Questo li colloca tra i paesi meno competitivi in termini salariali, superando solo nazioni come Portogallo (22 mila euro), Repubblica Slovacca (24 mila euro) e Grecia (26 mila euro).
Differenze tra i paesi europei
Ai vertici della classifica troviamo Lussemburgo (79 mila euro), seguito da Belgio (72 mila euro) e Paesi Bassi (54 mila euro). Il quadro italiano risulta ancor più problematico se confrontato con l’Ungheria e la Polonia, dove sono stati concessi incrementi salariali significativi negli ultimi anni, arrivando a una crescita reale fino al 30% nel periodo 2019-2022.
La crisi italiana e l’inflazione
Il rapporto sottolinea come in molti paesi dell’UE, negli anni precedenti alla pandemia, le retribuzioni degli infermieri siano cresciute in modo significativo. Tuttavia, in Italia, i salari reali degli infermieri hanno registrato un aumento minimo dell’1% tra il 2019 e il 2022. Questa stagnazione salariale si combina con un tasso d’inflazione elevato, che ha ulteriormente eroso il potere d’acquisto della categoria.
Nel frattempo, l’Italia ha visto una contrazione dei salari reali dal 2010 al 2019, rendendo ancora più difficile colmare il divario con gli altri paesi europei. Nello stesso periodo, in nazioni come Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca, gli infermieri hanno beneficiato di incrementi medi annui del 4-5% in termini reali.
Le conseguenze per il sistema sanitario
Questa condizione economica contribuisce alla difficoltà di attrarre e trattenere giovani talenti nel settore infermieristico. La diminuzione delle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica e l’alto tasso di abbandono della professione sono segnali preoccupanti per il futuro della sanità pubblica italiana.
A peggiorare il quadro, l'ultimo contratto collettivo prevede un incremento salariale di circa 2 mila euro annui, un dato che, pur rappresentando un passo avanti, risulta insufficiente per avvicinare le retribuzioni italiane alla media europea.
Richieste e prospettive
Gli esperti sottolineano la necessità di un intervento strutturale che consenta aumenti salariali più consistenti e adeguati al costo della vita. Solo in questo modo si potrà evitare la fuga di professionisti verso paesi che offrono retribuzioni e condizioni di lavoro migliori, garantendo al contempo la qualità del servizio sanitario nazionale.
REDAZIONE AISI
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