A livello mondiale, il 40% dei professionisti della sanità in carriera ha subito almeno una violenza fisica, mentre il 60% è stato vittima almeno una volta di una violenza verbale e psicologica. Aumentano le percentuali nei presidi sanitari di guerra: 55% ha subito violenze fisiche, 70% quelle verbali.
Sono questi i numeri di un’indagine Amsi (Associazione dei medici stranieri in Italia), Umem (Unione medici euromedimediterranea) e Uniti per unire. A fornirli il presidente Amsi Foad Aodi, membro del Registro Esperti della Fnomceo, che sottolinea: "I professionisti della sanità sono soggetti a rischio quattro volte in più rispetto a tutte le altre professioni, in particolare nei luoghi del mondo disagiati e poveri".
Prima di soffermarsi sui reparti in cui secondo le indagini Amsi, si registra il maggior numero di aggressioni: "Emergenza e pronto soccorso, Medicina interna e Geriatria Psichiatria e Medicina mentale, Oncologia, Ginecologia e Ostetricia, Ortopedia e Traumatologia, Pediatria e Neonatologia, Cardiologia"."Delle oltre 1600 aggressioni all’anno, ai danni dei professionisti sanitari italiani, che si consumano drammaticamente nei nostri pronti soccorsi e durante i servizi esterni del 118 sulle ambulanze – spiega Aodi -, manca all’appello un altro tassello, la cui drammaticità pur storicamente nota, tuttavia da troppo tempo passa in secondo piano.
Ci riferiamo a quanto accade ad esempio nei reparti psichiatrici". Da medico, continua, "conosco e posso immaginare bene i sottili lineamenti che caratterizzano la difficile realtà dei reparti psichiatrici, pur non lavorando direttamente al loro interno, ma trovandomi a contatto quotidiano con colleghi oggi più che mai stanchi, avviliti, stressati, impauriti, e posso testimoniare, come presidente e fondatore di Amsi, Associazione Medici di origine straniera in Italia, e già quattro volte Consigliere dell'ordine dei medici di Roma, che accanto agli episodi dei pronto soccorsi e dei colleghi del 118, la situazione delle violenze subite nei reparti dove si affronta la drammaticità delle malattie mentali, in Italia, è davvero insostenibile".
Dopo aver acceso un faro in particolare sul personale che opera nei reparti della salute mentale, Amsi torna a chiedere "per l’Italia e non solo – rimarca il presidente - un piano più radicale di presenze di presidi di forze dell’ordine". In particolare, "l’attenzione va posta nei confronti delle nostre donne, in assoluto le vittime sacrificali delle più vili aggressioni. Tutto questo non accade, sia chiaro, solo nei grandi ospedali.
I professionisti a rischio sono anche quelli che operano nei luoghi isolati, come nel caso delle guardie mediche. Non è possibile - continua Aodi - per un medico, per un infermiere, per uno psichiatra, lavorare in una situazione di costante angoscia e essere oltre tutto consapevole di non avere il supporto adeguato.
Se da una parte, nel caso dei reparti con malati affetti da patologie mentali, questi pazienti ‘difficili’ hanno sacrosanto diritto alle cure, dall’altra è fondamentale, e questa è una delle ricette che noi di Amsi suggeriamo da tempo alla politica, che tutti i professionisti sanitari italiani e quelli di origine straniera si sentano tutelati da una organizzazione, all’interno delle realtà sanitarie, degna di tal nome, che permetta loro di lavorare sereni, e di offrire quindi ai malati il meglio delle proprie competenze.
Questo contribuirà anche ad arginare le fughe all’estero e le dimissioni, che non fanno altro che indebolire il nostro sistema sanitario. Non possiamo rischiare di svuotare gli ospedali di professionisti, rendendoli luoghi non più sicuri per i medici, per gli infermieri, per i malati".
REDAZIONE AISI
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