L’Area Studi Mediobanca ha pubblicato l’aggiornamento del report sui maggiori operatori sanitari privati in Italia che analizza i principali gruppi con fatturato individuale superiore a 100 milioni.
Giro d’affari superiore ai livelli pre-crisi, cala la redditività e il risultato netto è negativo Nel 2022 i 31 operatori sanitari privati esaminati hanno totalizzato ricavi per 10,6 miliardi di euro, in rialzo del 2,7% sul 2021 e dell’8,7% sul 2019.
Tali variazioni si confrontano con il calo del 6,6% segnato nel 2020, a causa della sospensione parziale delle attività sanitarie, e con il rimbalzo del 14,5% avvenuto nel 2021.
Gli operatori della diagnostica sono cresciuti del 22,3% sul 2019, grazie alla domanda eccezionale di tamponi e test molecolari durante la pandemia la cui soluzione ha infatti prodotto un calo dei ricavi dell’8,1% sul 2021; seguono gli operatori ospedalieri (+10% sul 2019) e i gestori di RSA (+4,1%).
Questi ultimi hanno beneficiato dell’incremento del tasso di occupazione dei posti letto nelle RSA (mediamente superiore al 90%) e dell’apertura di nuove strutture che è proseguita anche durante la pandemia.
La ripresa non si è invece concretizzata per i player della riabilitazione (-0,4% sul 2019). La redditività complessiva, ancora inferiore ai livelli pre-pandemici, ha subìto un’ulteriore battuta d’arresto nel 2022, risentendo dell’inflazione: il margine operativo netto (MON) si è contratto del 60,4% sul 2019 e del 49,7% sul 2021 e l’Ebit margin è sceso all’1,8% dal 3,8% del 2021 e, soprattutto, dal 5,3% del 2019. Con riferimento alle singole specialità, l’assistenza ospedaliera e la riabilitazione hanno chiuso il 2022 con risultato corrente negativo, in misura più marcata per la seconda (-6% contro il -0,3%).
La diagnostica, pur condividendo la contrazione della marginalità, ha realizzato il maggior Ebit margin (11,1%).
Su questo settore gravano tuttavia le conseguenze del Decreto del Ministero della Salute del giugno 2023 che disciplina la nuova nomenclatura per l’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, con tagli medi previsti sulle tariffe delle principali prestazioni attorno al 30%.
L’entrata in vigore del decreto, inizialmente fissata nell’aprile 2024, è stata posticipata al gennaio 2025. L’ultima riga di conto economico aggregato dei 31 operatori è negativa per 38 milioni, portando a due il numero gli esercizi in rosso nel quadriennio (dopo i -53,9 milioni del 2020).
Sono 14 i gruppi che hanno chiuso in perdita il 2022 (erano cinque nel 2021). Il ROE aggregato, già in riduzione dal 5,9% del 2019 al 4,1% del 2021, cala ulteriormente al -0,8% nel 2022.
La migliore redditività netta è registrata da: Centro di Medicina (22,2%), Humanitas (13,4%), Eurosanità (9,5%) e GHC (8,3%) nell’assistenza ospedaliera, Synlab (39,2%) nella diagnostica e San Raffaele di Roma (36,3%) nella riabilitazione. La struttura patrimoniale nel 2022 appare solida e in parziale miglioramento rispetto all’anno precedente, con debiti finanziari pari al 104,5% dei mezzi propri (112,7% nel 2021 e 120,8% nel 2019). Le posizioni patrimonialmente più solide sono quelle dell’IEO, Auxologico Italiano, Salus, Policlinico di Monza, Humanitas e Istituto Don Calabria, con debiti finanziari sostanzialmente assenti per il primo e attorno al 20% per gli altri.
Le aspettative per il settore
La fine dell’emergenza sanitaria nel marzo 2022 ha favorito la progressiva ripresa delle attività del settore sanitario con il ripristino, nel 2023, della piena operatività nella riabilitazione e nell’assistenza ospedaliera, nonostante persistano diverse criticità. Tra di esse spicca il mancato recupero delle liste d’attesa che, insieme a motivi economici, hanno spinto 4,5 milioni di italiani (il 7,6% della popolazione) a rinunciare a esami e visite mediche nel 2023.
Le lunghe liste d’attesa inducono non solo chi è in grado di sostenere i costi, ma anche i sottoscrittori di assicurazioni private e i beneficiari di welfare aziendali, a indirizzarsi al di fuori del SSN, contribuendo alla crescita della spesa sanitaria privata. È così lecito attendersi, nel prossimo futuro, l’aumento del peso degli operatori sanitari privati il cui giro d’affari nel nostro Paese è già stimabile in circa 70 miliardi, pari al 40% dei numeri complessivi del comparto. Lo scenario che si prospetta è l’appiattimento dell’incidenza sul PIL della spesa sanitaria pubblica, a fronte di una crescente richiesta di prestazioni per effetto delle dinamiche demografiche.
In effetti, le statistiche internazionali evidenziano il costante invecchiamento della popolazione: nell’area OCSE, l’incidenza degli over 65 sul totale è passata dal 7,6% del 1950 al 18% del 2022, con previsione di raggiungere il 26,4% nel 2060. L’Italia, con il 23,9%, ha un valore ampiamente superiore alla media OCSE (alle spalle del solo Giappone con il 29%), atteso in rialzo al 33,4% entro il 2060. Sempre nell’area OCSE, la speranza di vita alla nascita è cresciuta di oltre 10 anni tra il 1970 e il 2022 e in Italia si attesta a 82,6 anni, con un tasso di natalità pari a 1,25 figli per donna, tra i più bassi valori al mondo.
Le prime evidenze per il 2023 consentono di prevedere per gli operatori privati esaminati una crescita aggregata del giro d’affari del +5,5%, con variazioni differenti tra i comparti considerati: -4,0% per la diagnostica, +4,1% per la riabilitazione, +5,7% per l’assistenza ospedaliera e +14,0% per i gestori di strutture per anziani, con il ritorno alla piena saturazione delle RSA italiane atteso entro il 2024.
Il confronto tra il rialzo del 5,5% stimato dall’Area Studi Mediobanca e il +1,7% segnato dalla spesa accreditata rilevabile dall’ultimo DEF, consente di stabilire che la variazione del giro d’affari aggregato sia trainata dall’incremento delle prestazioni sanitarie pagate dai cittadini.
Dimensione, diversificazione geografica e composizione dei ricavi Nel 2022 al primo posto per ricavi si colloca Papiniano, holding del Gruppo San Donato e Ospedale San Raffaele di Milano (1.707mln), che precede Humanitas (1.122mln), GVM - Gruppo Villa Maria (840mln), Policlinico Universitario A. Gemelli (799mln) e KOS (683mln).
Alcuni gruppi hanno una presenza geografica ramificata sul territorio nazionale: KOS, Sereni Orizzonti e Don Gnocchi sono operativi in almeno nove regioni italiane, con una presenza più marcata al Nord. Tra i player ospedalieri si distinguono GVM e GHC con attività, rispettivamente, in dieci e otto regioni. Papiniano e Humanitas sono concentrati in Lombardia: il primo è attivo anche in Emilia-Romagna dove sviluppa il 4,3% dei ricavi, il secondo in Piemonte e Sicilia (21% del fatturato).
Sono invece otto gli operatori che gestiscono strutture oltreconfine, per lo più con presenze marginali. Fanno eccezione GVM, con 14 presìdi esteri (di cui uno in Ucraina) che realizzano il 13% dei ricavi, e KOS con 51 RSA in Germania per 4.423 posti letto da cui deriva il 28% del fatturato totale.
La proiezione internazionale di Papiniano si è ampliata nel dicembre 2023 con l’acquisizione, in partnership con la finanziaria GKSD, della American Heart of Poland, tra i principali fornitori di servizi sanitari privati in Polonia.
A sua volta, la società polacca ha raggiunto nel maggio 2024 un accordo per rilevare la connazionale Scanmed.
La ripartizione tra attività in accreditamento e solvenza evidenzia nel 2022 una situazione variegata. ICS Maugeri e il San Raffaele di Roma vedono prevalere i ricavi in accreditamento con incidenze pari rispettivamente al 96,0% e al 94,4% dei propri proventi.
All’opposto si colloca 3 C.D.I. i cui servizi di diagnostica sono principalmente intermediati da fondi integrativi e assicurazioni (41,5% dei ricavi complessivi), da privati (20,9%) e da aziende (10,7%). Tra gli altri player con elevati ricavi in solvenza si segnalano Lifenet (50,0%), IEO (35,3%) e KOS (35,0%).
La spesa sanitaria: il panorama internazionale e la collocazione dell’Italia A fine 2022 le strutture sanitarie attive in Italia erano 29.354 (57% private e 43% pubbliche), in crescita di 3.272 unità sul 2010.
Per i Paesi OCSE la spesa sanitaria media pro-capite, somma tra la componente pubblica e quella privata, è ammontata a $4.986 nel 2022 e al 9,2% sul PIL. Nel confronto internazionale gli Stati Uniti emergono con il 16,6% sul PIL ($12,6mila per abitante), seguono Germania (12,7%) e Francia (12,1%).
L’Italia è al di sotto della media sia in termini pro-capite con $4,3mila, che in rapporto al PIL (9,0%). Per uguagliare l’incidenza raggiunta in Germania, l’Italia dovrebbe incrementare le spese nella sanità di 77 miliardi di euro, che diventerebbero 65 miliardi prendendo a riferimento la Francia. Relativamente alla sola spesa sanitaria pubblica, il nostro Paese nel 2022 segna il 6,8% del PIL alle spalle di Spagna (7,3%), Regno Unito (9,3%), Francia (10,3%) e Germania (10,9%).
Nel 2023 l’Italia si è attestata al 6,3%, con previsione di portarsi al 6,4% nel 2024. In valore assoluto, la spesa sanitaria pubblica italiana è aumentata a prezzi correnti dai 78,5 miliardi di fine 2002 ai 131,7 miliardi di euro nel 2022 e, secondo i dati previsionali, è scesa ai 131,1 miliardi nel 2023.
Nel 2022 il 79% circa del valore complessivo è originato dalle strutture pubbliche e il 21% da quelle accreditate. La spesa erogata da queste ultime mostra una crescita (+3,1%) superiore a quella dei presìdi pubblici (+2,5%) nell’arco temporale 2002-2022, con l’eccezione del periodo emergenziale, segnato da numerose misure di potenziamento del SSN: tra il 2019 e il 2022 la spesa delle strutture pubbliche è salita del 5,2%, rispetto al +1,8% di quelle accreditate. Includendo le prestazioni in solvenza (aumentate dai €31,5mld del 2012 ai €40,6mld del 2023, +2,3% di crescita media annua) e la componente intermediata (aumentata del 5,5% medio annuo), la spesa sanitaria complessiva ha totalizzato €176,2 miliardi nel 2023 (€175,7mld nel 2022).
REDAZIONE AISI
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