Sanità, percorso quinquennale per diventare Assistente Infermiere. Il Coina boccia apertamente la recente proposta di legge della Lega a firma del Senatore Garavaglia.
Ceccarelli (Segretario Nazionale): «Un passo indietro per il sistema sanitario, che potrebbe creare solo enorme confusione, mentre i professionisti laureati rischiano davvero di scomparire»
«Lo abbiamo detto sin dall’inizio, questa figura surrogata non risolverà la crisi della professione infermieristica, nemmeno con una scuola superiore di 5 anni, che permetterebbe di lavorare negli ospedali con un titolo equivalente alla maturità e tappare così le enormi carenze di infermieri laureati. Siamo forse tornati a 20 anni fa? Quanti saranno coloro che decideranno davvero di proseguire gli studi per una laurea triennale in infermieristica? Bisogna investire da un lato in chi è già formato e combatte sul campo, dall’altra parte incentivare la formazione di nuovi laureati e avvicinare di nuovo i giovani alla nostra realtà. Non serve creare scorciatoie che aggravano solo la situazione.»
Profondo dissenso da parte del Coina, sindacato delle professioni sanitarie, nei confronti del disegno di legge proposto dal Senatore Massimo Garavaglia (Lega). La proposta, attualmente in discussione presso la Commissione Affari Sociali del Senato, mira a rilanciare la figura dell’assistente infermiere con un percorso formativo quinquennale, strutturato come un diploma professionale sanitario, e non più come un corso di 200 ore destinato agli OSS.
Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, critica duramente l’iniziativa: «Invece di affrontare alla radice i problemi della sanità, si punta a una soluzione che crea ulteriore confusione e rischia di abbassare ulteriormente il livello delle cure. Questo disegno di legge rappresenta nuovo un errore strategico: non possiamo continuare a tappare le falle con figure di ripiego. Quanti decideranno davvero di proseguire gli studi per una laurea triennale in infermieristica, anche se il diploma di assistente infermiere consentirebbe di accedere all’università? Perché nessuno ha pensato di inserire l’obbligo della laurea per lavorare negli ospedali, a contatto con i malati? Forse così il diploma di assistente infermiere avrebbe un senso. Ma è chiaro che è tutto finalizzato a sanare le carenze di professionisti dell’assistenza!»
Il disegno di legge introduce un percorso quinquennale finalizzato al conseguimento di un diploma di maturità per quella che non è altro che una figura intermedia tra operatori socio-sanitari (OSS) e infermieri laureati. La proposta, secondo i suoi sostenitori, mira apertamente a rispondere alla carenza di personale sanitario, ma per il Coina è una nuovamente scelta miope e dannosa.
Ceccarelli sottolinea: «L’assistente infermiere non sarà altro che una figura surrogata, lo abbiamo detto sin dal primo momento, incapace di rispondere alle sfide di un sistema sanitario sempre più complesso che richiede, oggi come in futuro, sempre più laureati nelle corsie ad occuparsi delle cure assistenziali per elevare sempre di più la qualità delle prestazioni.
Gli OSS oltre tutto rischiano di essere ulteriormente marginalizzati. Gli infermieri laureati continueranno a emigrare all’estero, lasciando il Servizio Sanitario Nazionale ancora più vulnerabile, mentre, come è evidente, si continua a ignorare la valorizzazione di chi combatte sul campo da anni. E non è un caso che tra disorganizzazione, turni massacranti e aggressioni, la professione perde sempre più di appeal agli occhi dei giovani. Anche per questo il numero di laureati in infermieristica in Italia rimane uno dei più bassi in Europa, praticamente meno della metà della media Ue: nel 2022 solo 16,4 per 100mila italiani hanno preso la laurea infermieristica contro i 37,5 della media europea.»
UN SISTEMA GIÀ IN CRISI - L’Italia è tra gli ultimi in Europa per il rapporto infermieri-abitanti, con appena 6,5 professionisti ogni 1.000 abitanti rispetto alla media UE di 8,4. L’iscrizione ai corsi di laurea in infermieristica è crollata del 10% nell’ultimo decennio, nonostante l’aumento dei posti disponibili. Solo 16,4 studenti ogni 100mila abitanti si laureano ogni anno in Italia, contro una media europea di 37,5.
«Invece di investire in percorsi di alta formazione e valorizzare economicamente i laureati, la politica guarda a scorciatoie che non affrontano i problemi reali. Questa figura ibrida non fermerà l’emorragia di personale sanitario qualificato,» afferma Ceccarelli.
PROSPETTIVE PER IL FUTURO - Secondo il Coina, la priorità deve essere l’investimento sui laureati, migliorando le condizioni economiche e contrattuali per incentivare le nuove generazioni e trattenere chi è già in servizio. «Bisogna rilanciare la professione infermieristica con riforme strutturali e contratti dignitosi. Creare nuove figure equivale a mettere una toppa su una voragine sempre più ampia,» avverte il segretario.
Nei giorni scorsi, lo sciopero nazionale dei professionisti sanitari ha sottolineato le condizioni di lavoro insostenibili e i salari inadeguati. «Le voci dei professionisti sono chiare: serve un cambiamento radicale. La politica deve ascoltare chi ogni giorno regge il sistema sanitario e dare risposte concrete. Non possiamo permetterci altri passi falsi,» conclude Ceccarelli.
REDAZIONE AISI
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