I dati indicano che il consumo di additivi e conservanti, alimenti ricchi di zuccheri e grassi, e poveri di acidi grassi a catena corta, come gli alimenti ultraprocessati, è associato a un rischio maggiore di allergie alimentari
Durante una sessione del Congresso Francofono di Allergologia (CFA), la Dott.ssa Virginie Doyen, pneumologa presso l'Ospedale Universitario di Namur in Belgio, ha presentato una revisione delle conoscenze attuali sul possibile legame tra l’esposizione a sostanze irritanti e lo sviluppo di allergie alimentari.
La Dott.ssa Doyen ha spiegato che i meccanismi coinvolti sono progressivi e che molteplici fattori predisponenti (genetici, epigenetici, ambientali interni ed esterni) rendono lo studio di questa tematica particolarmente complesso.
Riguardo alle abitudini alimentari, i dati indicano che il consumo di additivi e conservanti, alimenti ricchi di zuccheri e grassi, e poveri di acidi grassi a catena corta, come gli alimenti ultraprocessati, è associato a un rischio maggiore di allergie alimentari.
Al contrario, la dieta mediterranea, già durante l'allattamento e la gravidanza, e una dieta ricca di frutta e verdura durante l'infanzia, sono associate a un rischio ridotto di allergie alimentari.
Ma come possono le cattive abitudini alimentari alterare i sistemi protettivi a livello intestinale e permettere agli allergeni alimentari di sensibilizzare l'organismo? Una delle ipotesi è che la mancanza di fibre alimentari stimoli la degradazione del muco intestinale attraverso il microbioma.
Il muco, spesso trascurato dalla ricerca scientifica, ma svolge un ruolo fondamentale nell'intestino limitando l'esposizione agli antigeni e mantenendo la tolleranza immunitaria. È ricco di glicoproteine, carboidrati, peptidi antimicrobici e IgA.
È anche un habitat per la flora commensale, che ha effetti immunomodulatori e può degradare questo muco se modificata dalla nostra dieta. Inoltre, i dati mostrano che il contatto con cibi ultraprocessati riduce l'occludina, un componente delle giunzioni strette tra le cellule epiteliali, che garantiscono la coesione della barriera intestinale, e la proteina ZOT1, che regola tali giunzioni. Gli allergeni e altri irritanti possono quindi attraversare la barriera intestinale ed arrivare nel sangue.
A seguito dell'esposizione ai prodotti di glicazione avanzata, i ricercatori hanno poi osservato un aumento della produzione di citochine proinfiammatorie di tipo T helper 2 (Th2) da parte delle PBMC e dei segnali di allarme interleuchina (IL)-25 e IL-33, che dirigono la risposta immunitaria di tipo Th2.
Oltre all'effetto di una dieta squilibrata, anche gli agenti chimici possono sensibilizzare allo sviluppo di allergie alimentari. Gli studi hanno dimostrato che gli emulsionanti (come lecitina, carbossimetilcellulosa, sorbitolo, monostearato e polisorbato 80) che solubilizzano le fasi acquose e oleose, influiscono a livello intestinale.
Le modifiche del microbiota portano ad una maggiore proliferazione di batteri che esprimono più molecole proinfiammatorie come flagelline e lipopolisaccaridi. Per quanto riguarda i detergenti (es. residui di detergenti per lavastoviglie e prodotti di risciacquo sui piatti), i ricercatori hanno osservato che, quando i tessuti non sono esposti a questi detergenti, la barriera epiteliale rimane intatta.
Tuttavia, se le strutture epiteliali sono esposte ai detergenti, la barriera mostra alterazioni associate a una sovraespressione dei geni coinvolti nella risposta immunitaria e nei processi infiammatori.
Anche il sodio dodecil solfato, presente nei dentifrici e in molti saponi ad uso umano, sembra danneggiare l’epitelio intestinale promuovendo l'eosinofilia, l'infiammazione di tipo CD4 linfocita e il rimodellamento dell'epitelio intestinale. Infine, per quanto riguarda le microplastiche (particelle di plastica inferiori ai 5 mm), ormai i dati mostrano come riescano a diffondersi in tutti i tessuti umani e nell’intestino portino allo svilupparsi di stati pro-infiammatori.
In sintesi, le allergie alimentari sono associate a un'alterazione della barriera epiteliale digestiva e i dati sperimentali suggeriscono che alcuni irritanti possano contribuire a questo fenomeno, rendendoci più suscettibili alle reazioni infiammatorie e a risposte immunitarie inappropriate.
In sintesi, le allergie alimentari sono associate a un'alterazione della barriera epiteliale digestiva e i dati sperimentali suggeriscono che alcuni irritanti possano contribuire a questo fenomeno, rendendoci più suscettibili alle reazioni infiammatorie e a risposte immunitarie inappropriate.
Alla luce di questi dati "Sarebbe possibile considerare azioni congiunte in termini di prevenzione e terapia," ha dichiarato Doyen. "Gli approcci terapeutici potrebbero includere trattamenti anti-allarmine, in modo da bloccare a livello epiteliale gli stati infiammatori oltre ad andare ad agire sulle modifiche del microbiota per ripristinare il muco. Va, infine, considerata la relazione dose-dipendenza: limitare la quantità di tutti i prodotti tossici che utilizziamo, senza rinunciarvi completamente, è probabilmente una strada perseguibile."
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