Per porre un freno alle continue violenze contro gli operatori sanitari occorrono risorse, quelle che la politica non garantisce da anni al Servizio sanitario nazionale.
Fondi per assumere nuovo personale e pagarlo meglio, per riorganizzare il sistema della salute pubblica, per garantire la sicurezza di chi lavora e per mettere in campo una campagna di sensibilizzazione verso i cittadini.
È quello che oggi – 19 settembre – le sigle sindacali hanno chiesto durante l’incontro convocato al ministero della Salute.
“Non è un tema che riguarda solo la nostra categoria – commenta Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed – è una guerra che riguarda tutto il Paese per salvare lo stato sociale. Altrimenti non rimarrà nessuno a curare le persone.
Nel 2023 oltre 5mila colleghi tra i 43 e i 55 anni si sono dimessi dal Ssn. Nei primi sei mesi del 2024, siamo già a 3mila. E a questi camici bianchi che se ne vanno dobbiamo aggiungere anche la fuga di tanti infermieri”.
Al ministro Orazio Schillaci, presente all’incontro, sono state chieste spiegazioni sull’escalation di violenza delle ultime settimane.
“Lo Stato è assente nei luoghi di cura – prosegue Di Silverio – la deterrenza garantita dall’ingresso delle forze dell’ordine negli ospedali è una risposta immediata, ma non sufficiente.
Abbiamo chiesto che vengano applicate, prevedendo rigorosi controlli, le misure contenute nella legge 81 del 2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro in capo ai datori.
Perché è inaccettabile che 50 persone possano scorrazzare liberamente nei reparti e aggredire medici e infermieri.
Ci deve essere un filtro, anche infrastrutturale”. Il riferimento è a quanto avvenuto negli scorsi giorni negli ospedali di Foggia e di Pescara.
Per i sindacati, la frustrazione dei pazienti e dei loro parenti, che esplode spesso in comportamenti violenti, dipende dai disinvestimenti a cui assistiamo da anni.
È stata minata la fiducia dei cittadini nel sistema. A questo, spiega Di Silverio, si aggiunge il sentimento anti scientifico cresciuto nel Paese dopo il Covid: “Contribuisce a mutare il rapporto tra medico e paziente. Gli operatori sanitari sono ormai considerati venditori di prodotti e il paziente si sente un consumatore che arriva in ospedale per acquistare un bene. Dobbiamo fare riacquisire al professionista sanitario una credibilità mediatica e sociale”.
Per la sigla sindacale Smi (Sindacato medici italiani), presente all’incontro, la sicurezza sui luoghi di lavoro deve diventare uno dei parametri che concorrono al raggiungimento degli obiettivi dei direttori generali di Asl e ospedali.
Inoltre, spiegano i delegati Smi, è necessario lavorare “per rendere consapevoli tutti i cittadini che esistono la morte e la malattia e che la medicina non è infallibile”. “Gli over 65 sono passati dal 2,5% al 8,3%” della popolazione “e i posti letto sono diminuiti da 999 per 100mila abitanti a 272. Per non citare i servizi psichiatrici chiusi e nessun sostegno alle famiglie con disabilità”, si legge nella nota sindacale.
Queste problematiche “hanno aggravato le condizioni di lavoro dei professionisti della salute e contemporaneamente ha generato enormi disagi ai pazienti”. Per invertire la rotta in sanità, spiega Smi, “è indispensabile un forte rilancio della medicina del territorio e la piena valorizzazione della medicina generale, nonché di quella ospedaliera, garantendo la capillarità dei servizi su tutto il territorio nazionale”.
La prossima legge di bilancio sarà il banco di prova per capire se le richieste della categoria sono state veramente ascoltate: “Il ministro ha accolto positivamente le nostre istanze ma ora si deve agire. Prima di tutto legislativamente, per mettere di nuovo al centro delle cure il paziente e il professionista, investendo sulla medicina del territorio e sul personale”, conclude Di Silverio, rilanciando l’appello per la grande manifestazione del 20 novembre.
“A noi non interessa chi ha sbagliato negli ultimi quindici anni, vogliamo concentrarci sull’oggi e sul poter vivere domani. Questo è il momento di dire alla politica: basta! Senza investimenti, non solo sciopereremo, ma lasceremo in massa gli ospedali”.
REDAZIONE AISI
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