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PMA e diritti, la Consulta boccia la legge 40 su famiglie omogenitoriali ma non cambia per le madri single

  • Immagine del redattore: AISI
    AISI
  • 5 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Con le sentenze n. 68 e n. 69 del 2025, la Corte Costituzionale riaccende il dibattito sulla legge 40, aprendo due fronti distinti ma collegati. Da un lato, riconosce finalmente alla madre non gestante il diritto al riconoscimento immediato del figlio, nato da fecondazione eterologa all’estero.

Dall’altro, pur confermando il divieto di accesso alla PMA per le donne single, richiama il Parlamento al dovere di intervenire su un vuoto normativo mai affrontato.


Genitorialità senza discriminazioni: il punto sulla sentenza 68

Con la sentenza n. 68/2025, la Corte ha giudicato incostituzionale l’articolo 8 della legge 40, nella parte in cui impedisce alla madre non biologica, nelle coppie omogenitoriali, di essere riconosciuta come genitore alla nascita del figlio. Un limite che ha spinto per anni famiglie arcobaleno a cercare tutela nei tribunali, costringendole a iter lunghi e incerti come l’adozione in casi particolari.


La Consulta ha affermato un principio semplice ma cruciale: la genitorialità è responsabilità e cura, non conformità a modelli ideologici. La norma cancellata negava ai bambini il diritto a due genitori fin dalla nascita, generando disparità di tutela solo sulla base dell’orientamento sessuale delle madri.


Donne single e PMA: la Corte conferma il divieto, ma chiama la politica a decidere

La sentenza n. 69 affronta un altro nodo della legge 40: l’esclusione delle donne single dall’accesso alla procreazione medicalmente assistita. La Corte non ha dichiarato l’illegittimità della norma, ma ha sottolineato che si tratta di una scelta di competenza parlamentare. In altre parole, la Consulta non chiude la porta, ma chiede che il vuoto normativo sia colmato attraverso una decisione politica.


Una legge nata per ideologia, smentita da scienza e giurisprudenza

La legge 40 è tra le più contestate nella storia repubblicana: pensata per ideologia più che per tutelare la salute, ha generato diseguaglianze, ostacolato la libertà di scelta e spinto molte coppie a cercare soluzioni all’estero. La stessa Corte Costituzionale è già intervenuta più volte negli anni per correggerne gli aspetti più rigidi.


Oggi, la sentenza n. 68 ne smantella un ulteriore pezzo, a favore di una visione più aderente alla realtà delle famiglie contemporanee. Ma è evidente che, dopo decenni di supplenza giudiziaria, serve finalmente una riforma organica.


Una proposta per superare la legge 40

È in questo contesto che nasce una nuova proposta legislativa, volta a riscrivere da zero la disciplina della procreazione medicalmente assistita. I punti chiave:

  • accesso alla PMA per tutte le persone maggiorenni in età fertile, senza distinzione di orientamento sessuale o stato civile

  • riconoscimento giuridico dei figli nati con tecniche di fecondazione assistita

  • tutela del personale sanitario coinvolto e norme trasparenti su donazione di gameti ed embrioni

  • pieno rispetto del diritto all’autodeterminazione e alla salute riproduttiva


Ora tocca al Parlamento

Dopo anni di sentenze e battaglie individuali, è il momento per la politica di fare la sua parte. La Corte ha chiarito i limiti e indicato le responsabilità: il Parlamento ha il dovere di intervenire, per garantire diritti, colmare diseguaglianze e smettere di affidare ai giudici ciò che spetta ai legislatori.


Non si tratta solo di cambiare una legge, ma di costruire un paese più giusto e inclusivo, che sappia dare risposte a famiglie che attendono da oltre vent’anni. Famiglie che oggi vivono in un limbo normativo fatto di vuoti, discriminazioni e incertezze.

Serve coraggio, serve responsabilità. E serve adesso.


REDAZIONE AISI

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