Nel 2023, l'Italia ha registrato un elevato ricorso al parto cesareo, con una media nazionale del 30,3% dei parti effettuati attraverso questa tecnica chirurgica. Sebbene si osservi una tendenza al diminuire di tale percentuale, in linea con le linee guida per l'ottimizzazione della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza delle cure durante il percorso nascita, il dato rimane elevato.

Le differenze territoriali sono ancora marcate, con alcune regioni che evidenziano un utilizzo sproporzionato di questa pratica, generando preoccupazioni per un approccio non sempre adeguato alle necessità cliniche.
Un altro dato interessante riguarda la procreazione medicalmente assistita (Pma), che continua a crescere in Italia. Nel 2023, 15.085 gravidanze sono state ottenute tramite tecniche di Pma, pari a circa il 3,9% di tutte le gravidanze registrate.
Le metodiche utilizzate per il trattamento sono variegate: circa il 47,7% delle gravidanze ottenute con Pma ha fatto uso della fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni, mentre il 35,4% ha visto l’impiego della microiniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (Icsi), una tecnica che ha avuto un significativo impatto nelle gravidanze ottenute da coppie con problemi di fertilità maschile.
Cesareo e Pma sembrano essere strettamente legati tra loro: il 50,4% delle gravidanze ottenute tramite Pma si è concluso con un parto cesareo, una percentuale nettamente superiore rispetto alla media nazionale. Inoltre, il ricorso a parti plurimi nelle gravidanze assistite è molto più frequente: 6,9% contro l'1,5% delle gravidanze in generale. Un altro aspetto interessante riguarda l’età delle madri: il tasso di gravidanze con Pma aumenta con l’età della donna, con il 19,2% delle nascite registrate da madri di oltre 40 anni.
A livello demografico, nel 2023, circa il 90% dei parti si è verificato in strutture pubbliche o equiparate. Un dato interessante riguarda la provenienza delle madri: circa il 20,1% delle donne che hanno partorito nel 2023 sono di cittadinanza non italiana, con una rappresentanza significativa proveniente da Africa, Europa e America Latina. Le madri straniere hanno generalmente un'istruzione inferiore rispetto alle italiane, con il 41,2% delle madri straniere che ha un livello di scolarità medio-basso.
Anche le condizioni professionali delle madri mostrano delle differenze rilevanti. Circa il 60,1% delle madri italiane sono occupate lavorativamente, mentre il 23,7% sono casalinghe e il 14,2% disoccupate o alla ricerca di un primo impiego. Tra le madri straniere, invece, il 50,1% è casalinga, mentre la percentuale di disoccupazione tra le donne italiane è più bassa, con il 67,9% delle italiane occupate in attività lavorativa.
REDAZIONE AISI