top of page

Medicina, cresce il numero di posti ma aumenta il rischio disoccupazione per i futuri medici

  • Immagine del redattore: AISI
    AISI
  • 22 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

L’espansione programmata dei corsi di laurea potrebbe portare a un surplus di professionisti senza sbocchi occupazionali reali.

Più iscritti, ma il sistema rischia il sovraccarico

La proposta di aumentare di 3.000 posti il numero degli accessi a Medicina per l’anno accademico 2025-2026 ha riacceso il dibattito sull’equilibrio tra formazione e reale fabbisogno del Servizio sanitario nazionale. Il provvedimento, annunciato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, mira ad ampliare l’offerta formativa, ma i numeri prospettici sollevano preoccupazioni sul possibile squilibrio tra laureati e possibilità occupazionali nel prossimo decennio.


Proiezioni a lungo termine: più medici, meno pensionamenti

Attualmente il tasso di laurea in Medicina è stimato attorno al 94%. Con le nuove ammissioni, nel 2031 si prevede l’arrivo di oltre 22.000 nuovi medici. Considerando i tempi tecnici per completare le specializzazioni, il loro ingresso nel sistema sanitario avverrà tra il 2034 e il 2037. Tuttavia, nello stesso periodo, il numero di pensionamenti calerà bruscamente: da quasi 15.000 nel 2025 a meno di 5.000 nel 2040. Questo squilibrio porterebbe il rapporto tra nuovi ingressi e pensionamenti da 1,5 a quasi 5, con un surplus potenziale di oltre 220.000 medici in quindici anni.


Un rischio di ritorno alla “pletora medica”

Un aumento così marcato dei laureati in Medicina, senza un corrispondente adeguamento delle reali necessità occupazionali, potrebbe creare una nuova generazione di medici disoccupati o sottoccupati, alimentando la precarietà e favorendo l’emigrazione professionale all’estero. Il tema solleva dubbi sulla sostenibilità del modello formativo se non accompagnato da una pianificazione condivisa tra università e sistema sanitario.


Costo della formazione e perdita di risorse pubbliche

Formare un medico costa in media 150.000 euro allo Stato. In assenza di una strategia di inserimento e valorizzazione nel sistema sanitario, questo investimento rischia di trasformarsi in una perdita secca per la collettività, aggravando un paradosso già esistente: formare professionisti che il sistema poi non riesce ad assorbire.


REDAZIONE AISI

bottom of page