Negli ultimi giorni, il Governo italiano e le regioni hanno avviato un dialogo fondamentale riguardo alla riforma della medicina generale, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).
Questo articolo si propone di esplorare le implicazioni di questa riforma, cosa potrebbe comportare per i professionisti della salute e quali modifiche sono già state approvate nella nuova convenzione.

Il ruolo cruciale del medico di medicina generale
Il medico di medicina generale, noto comunemente come medico di base, ricopre un ruolo fondamentale all'interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano. La sua istituzione risale alla storica riforma sanitaria del 1978 (legge n. 833), che ha segnato la nascita del SSN e garantito assistenza sanitaria universale. Prima di questa riforma, l'assistenza era frammentata e gestita da enti mutualistici, con la figura del medico della mutua che operava in coordinamento con le assicurazioni sanitarie.
I medici di medicina generale sono attualmente considerati liberi professionisti. Il loro inquadramento giuridico è regolato da un Accordo collettivo nazionale stipulato tra il SSN e le organizzazioni sindacali di categoria, insieme a intese integrative a livello regionale e territoriale. È importante notare che tali accordi spesso subiscono ritardi significativi nel rinnovo; l'ultima convenzione, ad esempio, riguardava il triennio 2019-2021, ed è stata conclusa solo l'anno scorso, ma la sua attuazione nelle diverse regioni è ancora in fase di implementazione.
Contrariamente a quanto si possa pensare, i medici di base non sono dipendenti pubblici; essi lavorano in regime di convenzione con il SSN, ricevendo una remunerazione in base al numero di assistiti. Attualmente, è previsto un massimale di 1.500 pazienti per medico, e si stima che ci siano circa 30.000-35.000 medici di base in Italia, i quali devono dedicare un minimo di 15 ore a settimana alla loro attività professionale.
Questi professionisti sono fondamentali nell'assistenza primaria e si occupano di prevenzione, diagnosi, cura e gestione delle malattie croniche. Non solo forniscono assistenza diretta, ma fungono anche da primo punto di riferimento per i pazienti, coordinando l'accesso a visite specialistiche ed esami diagnostici.
Nel tempo, la figura del medico di base ha subito evoluzioni significative, come l'introduzione delle Aggregazioni funzionali territoriali e delle Unità complesse di cure primarie, che sono ambulatori multidisciplinari progettati per migliorare l'integrazione tra i medici di base e altri professionisti sanitari, garantendo così un'assistenza più efficace e capillare.
Il confronto tra governo e regioni: una riforma attesa
Recentemente, il governo ha avviato un confronto all'interno della maggioranza e con i presidenti delle regioni per discutere una riforma della medicina generale.
Questa riforma rappresenterebbe un cambiamento epocale, poiché mirerebbe a trasformare i medici di base in dipendenti pubblici. Ci sono molteplici motivi a sostegno di questa proposta, tra cui la necessità di migliorare l'assistenza di base, ampliare e potenziare le Case di comunità e garantire un servizio sanitario più accessibile e funzionale per i cittadini.
Le Case di comunità, già previste nei progetti inseriti nel PNRR come elemento centrale della nuova sanità territoriale, hanno lo scopo di affrontare il crescente sovraccarico di lavoro dei medici di base e di attrarre nuovi professionisti nel settore. Attualmente, molti giovani medici sono riluttanti a scegliere la medicina generale come carriera a causa delle condizioni lavorative difficili e del carico eccessivo di lavoro.
L'opposizione delle associazioni di categoria e delle forze politiche
Tuttavia, non mancano le opposizioni a questa proposta. Diverse associazioni di categoria, insieme a forze politiche come Forza Italia, hanno espresso preoccupazioni. Secondo queste critiche, la trasformazione dei medici in dipendenti pubblici potrebbe limitare l'autonomia professionale e costringerli a lavorare prevalentemente nelle Case di comunità, privando così i cittadini della libertà di scegliere il proprio medico di base.
La Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) ha sostenuto che questa riforma potrebbe portare a un controllo eccessivo sui medici, limitando la loro capacità di prescrivere farmaci e di gestire le cure in base alle necessità dei pazienti. In un contesto di crescente burocrazia, molti temono che tali cambiamenti possano rendere la professione meno attraente e ostacolare la qualità dell'assistenza sanitaria.
Modifiche già operative nella nuova convenzione
Nonostante le controversie, l'ultima convenzione ha introdotto alcune modifiche significative per i nuovi medici di medicina generale. Questi professionisti non solo lavoreranno in studi privati, ma saranno anche assegnati ai distretti delle oltre 1.400 Case di comunità che dovranno essere inaugurate entro la metà del 2026. Inoltre, collaboreranno con gli ospedali di comunità e le Centrali operative territoriali (Cot). Con il passare del tempo e man mano che i cittadini inizieranno a scegliere i loro medici, si prevede che il tempo trascorso nelle strutture diminuirà, mentre aumenterà il tempo dedicato agli studi privati.
Per i medici già convenzionati, vi è la possibilità di decidere se dedicare le 38 ore settimanali interamente al proprio studio oppure dividere il tempo tra lo studio e le strutture indicate dalle ASL di appartenenza. La riforma a cui il ministro della Salute, Orazio Schillaci, sta lavorando prevede anche che i medici di medicina generale già in servizio possano scegliere se rimanere nel regime convenzionato o passare alla dipendenza pubblica, mentre i nuovi medici saranno tutti assunti come dipendenti.
Conclusioni
In sintesi, sebbene ci siano cambiamenti significativi all'orizzonte, è cruciale garantire che i diritti dei pazienti e la libertà di scelta rimangano una priorità. L'implementazione di queste riforme dovrà essere gestita con attenzione per assicurare che il sistema sanitario italiano possa migliorare la qualità dell'assistenza, mantenendo al contempo la soddisfazione e la salute dei cittadini. La strada da percorrere è ancora lunga, e la collaborazione tra il governo, le regioni e i professionisti della salute sarà fondamentale per il successo di queste iniziative.
REDAZIONE AISI