In due anni una rivoluzione silenziosa cui non è stato estraneo lo sforzo dei pediatri Fimp. Che proprio in questi giorni hanno ottenuto un ulteriore successo.

Fino al 2022 ancora una regione italiana su due manteneva il certificato di riammissione a scuola dopo il quinto giorno di assenza. Adesso sono rimaste in due su ventuno (includendo le Province di Trento e Bolzano). Si tratta di Molise e Sicilia, quest’ultima nelle modalità che scopriremo più tardi. È avvenuta in due anni una rivoluzione silenziosa cui non è stato estraneo lo sforzo dei pediatri Fimp. Che proprio in questi giorni hanno ottenuto un ulteriore successo verso la semplificazione: con una legge, ha abolito il certificato medico anche il consiglio regionale della Campania.
Il punto della situazione
«Subito prima erano arrivate Calabria e Sardegna. Ma in molte altre regioni l’obbligo era stato rimosso con provvedimenti concordati con la categoria», spiega Antonio D’Avino, Presidente nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri-Fimp: «L’abolizione del certificato è una semplificazione che non ha controindicazioni, ma snellisce le procedure lavorativo-amministrative in carico al pediatra e allevia i disagi delle famiglie italiane evitando loro un passaggio dal pediatra, con il rischio teorico di prendere qualche altro contagio in sala d’attesa quando invece bisognerebbe uscire definitivamente da un’infezione».
Da 30 anni, in parallelo con la revisione della letteratura, è in atto un processo per sottolineare come il certificato medico di riammissione sia privo di motivazioni scientifiche. «Le malattie infettive sono contagiosissime nella fase pre-esantematica e di incubazione, nonché nei primi giorni. Al 5°-6° giorno spiega D’Avino la carica virale è molto più bassa, non c’è pericolo di contagi, né motivo di certificare l’assenza di contagiosità per essere riammessi. L’obbligo certificativo nasceva nel 1967, 57 anni fa, quando le malattie infettive non erano sotto il controllo attuale e soprattutto quando l’intervento dei farmaci non era così efficace, c’era il rischio di reinfezioni: paradossalmente, un rischio peggiore per chi veniva riammesso da convalescente».
D’Avino aggiunge che le norme approvate nelle regioni nulla cambiano quanto agli obblighi fissati a livello nazionale sul pediatra per la certificazione delle malattie soggette a notifica, «che, suddivise in cinque classi, vanno certificate con livelli di rapidità proporzionati alla gravità e alla contagiosità, ad esempio 24 ore per il colera, più tempo per altre. In questi casi il pediatra continuerà a redigere il certificato di riammissione a scuola seguendo le normative a massima tutela della collettività. Invece per le malattie a minor impatto, da 30 anni il rischio era minimo ed era stato identificato come tale. Oggi tutti ne vanno prendendo atto».
La cronistoria
Una rapida cronistoria di questa lenta presa d’atto: nel 1994 il Testo Unico della Pubblica Istruzione numero 297 tolse l’obbligo istituito dal Dpr 1518 del ’67. Ma non tutti i Tar acconsentirono a che le regioni seguissero la norma nazionale. Solo nel 2014 il Consiglio di Stato sancì l’abolizione del certificato e del Dpr fatta in Liguria sette anni prima. Da allora, dopo un parere del Ministero della Salute del 2004, è toccato a Piemonte, Trentino, Friuli Venezia Giulia cambiare la normativa (nel 2008) e alla Lombardia (nel 2009). Poi è stata la volta di Emilia Romagna ed Umbria.
Nel 2018 si è aggiunto il Lazio, nel 2021 la Toscana. Il Covid ha inizialmente rallentato l’operazione di de-burocratizzazione, innescando un aumento delle richieste di certificazione da parte dei genitori. «Con l’allentarsi della morsa pandemica, si è ragionato da una parte sull’uniformazione degli indirizzi regionali e dall’altra sulla necessità di semplificare», spiega D’Avino. «In questo, il sindacato da me presieduto ha avuto un ruolo importante. Specie negli ultimi tempi ha attivato un dialogo serrato con le giunte e gli assessorati regionali che ancora non si erano mossi, spiegando come la burocrazia per la riammissione a scuola fosse più un problema che un “conforto”. In Campania abbiamo ottenuto una forte sensibilizzazione delle istituzioni grazie all’impegno concreto e fattivo del Consigliere regionale Bruna Fiola. Ringrazio particolarmente anche il collega Luigi Cimaduomo che ha avuto un ruolo prezioso di interfaccia nella conclusione dell’iter amministrativo, a beneficio di tutti i bambini e gli adolescenti della Regione». Ora sono rimasti Molise e Sicilia. Con un distinguo: «La Sicilia chiede il certificato di riammissione dopo 10 giorni di malattia, al centro delle preoccupazioni non sembra dunque la malattia infettiva o la tutela della collettività dai contagi. In queste fasi il dialogo a tutto campo premia sempre, perché da parte dei professionisti sanitari si tratta di veicolare messaggi basati su evidenze scientifiche».