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Big Pharma sposta la produzione negli Stati Uniti: la nuova corsa agli investimenti per evitare i dazi

  • Immagine del redattore: AISI
    AISI
  • 22 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

L’industria farmaceutica globale sta vivendo una nuova ondata di investimenti negli Stati Uniti. L’obiettivo? Rafforzare la produzione interna e prepararsi al possibile ritorno dei dazi doganali sull’importazione di medicinali. A trainare questa corsa sono sia aziende europee che americane, spinte dal timore di misure protezionistiche volute dall’amministrazione Trump e dalla volontà di ridurre i costi di produzione, aumentare l’accessibilità dei farmaci e consolidare la propria presenza nel primo mercato mondiale.

Roche, maxi investimento per espandersi in USA

La svizzera Roche ha annunciato un investimento da 50 miliardi di dollari in cinque anni, con la previsione di creare oltre 12.000 nuovi posti di lavoro. L’iniziativa prevede il potenziamento di impianti in Kentucky, Indiana, New Jersey e California, e la costruzione di nuove strutture, tra cui una fabbrica per la terapia genica in Pennsylvania, un impianto per il monitoraggio del glucosio in Indiana, un centro per i farmaci dimagranti e un nuovo polo di ricerca cardiovascolare, renale e metabolica in Massachusetts. L’obiettivo è chiaro: produrre più farmaci negli USA di quanti ne vengano importati, rafforzando così l’autonomia produttiva del Paese.


Novartis punta su ricerca e catena di approvvigionamento interna

Anche Novartis ha svelato il proprio piano di espansione: 23 miliardi di dollari da investire per spostare in territorio statunitense la propria catena di fornitura e le piattaforme tecnologiche chiave. Secondo il CEO Vas Narasimhan, questa scelta riflette la solidità del quadro normativo americano e le politiche favorevoli all’innovazione. Tra i progetti, spicca la realizzazione di un nuovo hub di ricerca da 1,1 miliardi a San Diego, che sarà operativo tra il 2028 e il 2029, affiancando i centri già attivi a Cambridge (Massachusetts) e Basilea (Svizzera). Nuove strutture sorgeranno anche in Florida e Texas.


Eli Lilly scommette tutto sulla produzione interna dei GLP-1

Negli USA anche le aziende americane non restano ferme. Eli Lilly ha avviato un programma da 27 miliardi di dollari per costruire quattro nuovi impianti. Al centro del piano, la produzione domestica di orforglipron, farmaco orale per la perdita di peso basato sull’ormone GLP-1. L’azienda punta a realizzare tutti i suoi farmaci GLP-1 per il mercato statunitense entro cinque anni, abbattendo i costi e migliorando la distribuzione sul territorio.


Johnson & Johnson non resta indietro

Anche Johnson & Johnson ha dichiarato nuovi investimenti per 55 miliardi di dollari, destinati a potenziare la produzione interna. Pur sostenendo l’espansione nazionale, l’azienda ha lanciato un’allerta sulle tariffe proposte, che potrebbero danneggiare la catena di fornitura e causare aumenti dei costi per i pazienti e carenze di farmaci.


Generici a rischio: allarme sull’approvvigionamento globale

Mentre le big del settore aumentano le capacità produttive interne, i produttori di farmaci generici esprimono forte preoccupazione. Oggi circa il 90% delle prescrizioni negli Stati Uniti riguarda generici o biosimilari, e l’80% di questi prodotti proviene dall’estero. Le tariffe minacciate potrebbero rompere equilibri delicati, rallentare l’approvvigionamento e aumentare il rischio di carenze.


Un nuovo paradigma per il pharma globale

La strategia delle grandi aziende segna un cambio di passo: non più delocalizzazione, ma rilocalizzazione mirata. L’industria farmaceutica sembra pronta a rispondere con forza a un contesto geopolitico instabile, adattandosi rapidamente a nuove regole e priorità. Gli Stati Uniti tornano così al centro del gioco, sia come mercato che come hub produttivo globale.


REDAZIONE AISI

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